THE FINAL CUT

Chi pensa che THE WALL rappresenti il contenitore definitivo di tutta la critica sociale, di tutte le fobie e le angosce di Roger Waters, si sbaglia di grosso. Il muro che virtualmente cade durante le ultime note di THE WALL riconsegnando il protagonista a quella stessa società dalla quale si era isolato, in realtà rimane eretto in tutta la sua durezza se non altro tra il bassista e gli altri membri della band. Non a caso THE FINAL CUT è interamente concepito, creato e prodotto da Waters, mentre i restanti componenti dei Pink Floyd vengono relegati alla mera partecipazione in fase di registrazione alla stregua di comuni turnisti, tanto che spesso viene erroneamente considerato come un album solista. Le sessioni di incisione sono costellate da una serie di aneddoti che raccontano le tensioni e le schermaglie tra il bassista e gli altri, soprattutto Gilmour, arrivato oramai al limite della sopportazione delle angherie e dai deliri di leadership del collega.

THE FINAL CUT, un titolo un programma, segna la fine dei Pink Floyd che qualche anno dopo risorgeranno dalle loro stesse ceneri dopo una lunga battaglia legale che vedrà trionfare il chitarrista, affiancato da Mason e Wright e soccombere Waters che avrebbe invece voluto il gruppo morto e sepolto. Ma al di là del gossip e delle diatribe, è un album che merita tutta l’attenzione possibile. Per i fan watersiani rappresenta infatti la sua opera più amata. Contrariamente a quanti pensano che sia un disco fatto solo con il materiale scartato da THE WALL (Spare Bricks era il titolo provvisorio), in realtà ne rappresenta la naturale prosecuzione, approfondendo idealmente e concettualmente il teorema e il filo conduttore espresso nell’album precedente. Ancora di più le liriche e le musiche si accentrano sulla personalità di Waters, la cui voce la fa da padrona accompagnata da atmosfere eleganti e oniriche realizzate anche e soprattutto con l’ausilio di archi e fiati.

Proprio per questo i Pink Floyd Legend presentano questo capolavoro supportati da un quartetto d’archi oltre a tromba e flicorno, al fine di ricreare quell’atmosfera unica che lo caratterizza, album che tra l’altro i Floyd mai portarono in tour. Anche per questo la rappresentazione live di questo disco, quasi al limite di una esibizione teatrale, ha rappresentato per i PFL una grande ma emozionante sfida, dovendosi misurare con problematiche non solo strettamente musicali ma anche, e soprattutto, interpretative ed evocative. Da ricordare l’esecuzione integrale dell’album da parte dei PFL a Villa Adele (Anzio) in prima assoluta mondiale, con il supporto di coro e orchestra, in occasione delle celebrazioni per il settantennale dello sbarco di Anzio, alle quali è stato presente lo stesso Roger Waters. Sempre in quell’occasione i PFL hanno realizzato, con l’aiuto del giornalista Paolo Carnelli, un seminario su questo capolavoro alternando momenti narrativi e descrittivi con altri puramente musicali in chiave semi-acustica (chitarra acustica, chitarra elettrica, pianoforte, voce e cori). Il tutto si è svolto nella sala consiliare di Villa Corsini-Sarsina nello stesso giorno in cui Roger Waters ha ricevuto la cittadinanza onoraria della città dove perse la vita il padre durante lo storico sbarco alla fine della seconda guerra mondiale.